Avvio dell’internamento civile in Italia

Data evento: sabato 15 Giugno 1940

Dove: Ferramonti di Tarsia, Cosenza

Poco prima di entrare nel secondo conflitto mondiale (10 giugno 1940), l’Italia adottò provvedimenti di internamento sia nei confronti dei “sudditi nemici” che si trovavano nel suo territorio, che di altre categorie di civili (sia italiani che stranieri) ritenuti pericolosi o indesiderabili durante lo stato di guerra. L’attuazione pratica del provvedimento seguiva due modalità:
a) avvio in “località di internamento” (il cosiddetto internamento libero, che costringeva al soggiorno obbligato in località piccole e remote)
b) l’internamento in “campi di concentramento”, che costringeva gli internati a vivere in veri e propri campi di baracche, oppure, il più delle volte, in normali edifici riadattati a tale scopo.  La gestione centrale dell’internamento e il funzionamento dei “campi di concentramento” (così l’Italia definiva allora tutte le strutture d’internamento, anche quando non si trattava di veri e propri campi baraccati) rientrarono tra le competenze del Ministero dell’Interno, come vi rientrava, già dal 1926, il “confino di polizia”, dal quale l’internamento civile fascista ricalcava buona parte dell’impianto tecnico-normativo. Quanto agli ebrei, le leggi antisemite promulgate dall’Italia a partire dal 1938 (le cosiddette leggi razziali), di per sé, non facevano riferimento ad alcuna pratica d’internamento (né per gli ebrei stranieri, né per gli italiani); difatti esso fu determinato, nel 1940, dalle sopraggiunte “contingenze belliche”, e si “raccordò” pienamente con la legislazione antiebraica già in vigore. Ad essere colpiti furono soprattutto gli ebrei stranieri ed apolidi, mentre quelli di nazionalità italiana (fino al 25 luglio 1943) venivano internati solo se sospettati di svolgere attività sovversive.  Più in dettaglio, il 20 maggio 1940, il Ministero dell’Interno dispose che gli “ebrei non italiani” venissero inclusi tra i sudditi nemici da internare. Mentre successivamente (con la circolare n. 443/45626 del 15 giugno), il capo della Polizia ordinò ai prefetti l’arresto e l’internamento degli “ebrei stranieri appartenenti a Stati che fanno politica razziale”, nonché degli apolidi compresi tra i diciotto e i sessant’anni (cioè di quanti erano stati già colpiti, due anni prima, da un decreto di espulsione dal Regno d’Italia, previsto dalle “leggi razziali”), tutti etichettati, con disprezzo, come “elementi indesiderabili imbevuti di odio contro i Regimi Totalitari, capaci di qualsiasi azione deleteria”. Una successiva disposizione amministrativa, emanata il 27 giugno, precisò che gli uomini dovessero essere internati in “appositi campi di concentramento già in allestimento”, mentre donne e bambini ebrei, da lì a poco, si sarebbero dovuti recare presso le prefetture per essere avviati all’internamento libero (per loro, eventualmente, l’avvio nei campi sarebbe avvenuto in un secondo momento). Quanto agli ebrei italiani, il 27 maggio 1940 il Ministero dell’Interno aveva allertato le prefetture sulla necessità di internare solo quelli di “effettivo pericolo” per l’ordine pubblico. A quattro giorni dall’entrata in guerra del Paese, tuttavia, venne puntualizzato pure che la “pericolosità” degli ebrei italiani sarebbe dovuta essere considerata “anche nei riguardi loro capacità propaganda disfattista et attività spionistica”.Quello di Ferramonti (sito in una landa malarica appartenente al demanio di Tarsia, posta circa a 35 km da Cosenza) fu, in Italia, uno dei pochi campi di concentramento baraccati ed uno dei primi  ad entrare in funzione, contestualmente all’ordine di arresto del 15 giugno. I primi internati – tutti ebrei stranieri – giunsero nel campo il 20 giugno 1940.

Maggiori informazioni

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